PH Antonio Criscuoli
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PH Antonio Criscuoli
Missione Apollo è costituito da dodici dittici verticali, rispecchia perfettamente la caratteristica fondamentale del linguaggio fotografico, dove il messaggio è generato dalla sequenza delle immagini ed emerge dal loro sapiente accostamento.
In questo caso, però, le direzioni di lettura sono due: un’orizzontale e l’altra verticale, in antitetica lotta per conquistarsi un’insensata precedenza. E’ una sequenza di frazioni i cui numeratori si confrontano o si scontrano con i denominatori, nel tentativo di scaricare l’animo dell’autore per liberarne la poetica.
Sembra quasi, d’altro canto, di scorrere uno spartito musicale col pentagramma superiore in chiave di violino e di quello inferiore in chiave di basso, ma il musicista (lettore, utilizzatore) deve eseguirli contemporaneamente, pena la perdita della composizione originaria.
La conquista della luna, al piano di sopra, è considerata dal nostro Autore solo il pretesto per affrontare, in puntuale contrapposizione o confronto col piano di sotto, gli interrogativi che l’umanità si pone o i problemi che è
costretta ad affrontare nel corso della sua storia. L’opera di Criscuoli è l’apologia del dubbio e del disorientamento che ancora attanagliano la mente di un homo che troppo frettolosamente, a giudizio dello scrivente, è stato definito sapiens. Scorrendo le immagini nell’ordine proposto, con coerenza e omogeneità di stile appaiono l’uno dietro l’altro
i cardini su cui le porte mentali ruotano, schiudendo orizzonti fisici e non: la vera sostanza dell’opera.
Dopo la presentazione delle location luna e terra, satellite legato e collegato al pianeta, la partenza del razzo, inizio dell’avventura spaziale, è abbinata alla culla, simbolo della (ri)nascita dell’umanità. Seguono le orme, lunari e terrestri: asettica testimonianza di una presenza passata o (dis)umano desiderio di lasciare il segno, atavica caratteristica del nostro genere? La domanda può apparire retorica, ma - se solo passiamo al dittico successivo - non lo è poi tanto: desiderio di conquista, di scienza, sete di possesso?
Andando ancora avanti, l’ormai consueto confronto evidenzia un’altra cifra inalienabile dell’animo umano: il desiderio di esorcizzare la morte, di eternare se stessi creando e lasciando un oggetto che memorizzi per gli eventuali posteri - sopra - e regga il confronto con l’immensità del mare - sotto. Lasciamo volentieri, a questo punto, che sia il visitatore a continuare la lettura dell’opera nell’ottica suggerita, scoprendo la forza degli altri temi proposti e costatando come possa la fotografia (che per sua natura si configura come un linguaggio indicale) esprimere concetti di livello ben superiore alla realtà dell’informazione materiale in essa contenuta. E’ un invito alla riflessione, anche questa su doppio binario: sul cosa e sul come si possa comunicare con la fotografia.
Chi (e soprattutto, come) siamo, dove siamo o saremo, cosa facciamo e cosa faremo, dove e come ci ritroveremo, come (e se) saremo mai liberi da inutili orpelli o ritorneremo a essere parte vera della natura, della nostra natura, del nostro mondo…
                                                                                                                             
                                                                                                                          Dott. Filomeno Mottola AFI DAC

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